Eugenio Giliberti scrive a
Marco Meneguzzo, Marco Meneguzzo scrive a Carla Pellegrini…
Hai in mente la galleria. Io ci
sono entrato la prima volta dall'ingresso di via Manin. Molto romantico. la
prima sala dopo l'ingresso ha una boiserie di legno scuro. E' una sala quadrata,
di circa sei metri per sei.
Quella sala mi è rimasta
impressa nonostante l'ingombro delle brutte scrivanie bianche con i computer. E'
l'ufficio di Toni. Tolto quell'ingombro restano i due mobili tecnici per i
disegni. Due grandi cassettiere. Non belle ma pertinenti. Poi ci sono due
vecchie vetrine. graziose. Interessanti le decorazioni pittoriche, che nella
mitologia della famiglia proprietaria dell'immobile figuravano come dei Manet.
Incredibile come ci si attacchi a questa storie nelle vecchie famiglie che
vogliono riconoscere la grandezza in ogni dettaglio e scambiano un onesto lavoro
di decorazione liberty per un dipinto d'autore.
Per le tre grandi sale della
Galleria Milano Eugenio Giliberti ha ideato espressamente un complesso percorso
concettuale e visivo che consente di entrare nella sua poetica, già evidenziata
nella mostra personale a Castel Sant’Elmo a Napoli di due anni fa. Giliberti
lavora sui “luoghi”: trova tracce, preesistenze, memorie dell’attraversamento
dei luoghi da parte dei loro abitatori, e le trasforma in una narrazione che si
coagula attorno a singoli oggetti – come potrebbe essere un modello del luogo
stesso,
Entrando nella sala che precede
l'Ufficio di Carla, ti ricordi che si tratta di una sala quadrata, più o meno
della stessa dimensione della boiserie, per terra un modello architettonico,
grande, circa 100 Kg di plastilina bianca, rappresentante l'edificio che ospita
la galleria.