Eugenio Giliberti / opere / Penelope 2018


Penelope - la tessitura

il soggiorno presso Tana

Penelope molte delle mie opere hanno un lato realizzativo faticoso, almeno molto lento e ripetitivo, con fasi davvero noiose. In negazione della retorica del processo, se non ci fosse l’idea interna che deve necessariamente realizzarsi esso apparirebbe anche a me privo di qualsiasi interesse.

Ma, a dispetto di ciò che appare, il lavoro ripetitivo, alienante, ti consente di divagare, ragionare, fantasticare. Eseguito in gruppo spinge a cantare, a sfottere, a pettegolare…

In questo senso il processo ripetitivo, consente di arricchire quell’immagine interna (il progetto) con molti materiali diversi.

Devo a questo arricchimento molti errori che mi costringono continuamente a girarmi indietro, interrompere, correggere, a non perdere veramente mai il controllo.

Ma mi piace immaginare che tutto ciò che accade durante il processo (accadono pensieri, sogni, canzoni, ascolti) si incorpori nell’opera caricandola del suo peso indefinito.

Dunque siamo in campagna, TANA. Abbiamo un cumulo di manichette per l’irrigazione dei campi di ortaggi. Ogni anno si devono cambiare perché sono tubicini molto leggeri che si gonfiano con l’acqua e in una stagione di utilizzo, per un eccesso di pressione, un colpetto di zappa, una piegatura di troppo, un difetto di fabbricazione (frequente), si forano, o addirittura scoppiano.               >>>

Penelope - backstage dell'installazione  
Penelope, installazione presso TANA 2018