Eugenio Giliberti - mostre personali / 2003 Curriculum vitae / Castel Sant'Elmo / Napoli / a cura di Angela Tecce
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Con ordine: una figura bruna in piedi leggermente avanzante nello spazio. Che
non sia tu mi sembra chiaro (non mi sembra possegga la tua struttura
proporzionale, tu sei indubbiamente più bello…). Anche vicini le somiglianze si
stemperano ed è la pittura tridimensionale che, ricercando la forma umana come
figura “platonica”, attrae il pensiero e poi lo sguardo; come gli oggetti di
alcuni anni fa. Parti da te stesso come modello primo del corpo. Ricordo nelle
grotte cantabriche le prime immagini in negativo delle mani dei preistorici
Notai allora la volontà di creare un alter ego ideale sul quale esercitare la
possibilità di una bellezza.
La tua innata curiosità conduce, come nei quadratini colorati, ad “esercitare
l’esercizio” non più sull’oggetto ma su di un successivo elemento del regno
animale. Il corpo come s-oggetto finale.
Il kouros è sempre in agguato: il tuo passo è più incerto di quello dell’homme
qui marche o delle forme uniche; non discende le scale ma possiede la medesima
consapevolezza. Il peso è già sulla gamba destra, leggermente flessa da una
parte, che avanza come in un tendere a, un tendere verso un luogo che non si
guarda ma si pensa. La testa è rivolta altrove come se il traguardo fosse ancora
nel dubbio e la circolarità del percorso ancor pieno di ritrosie. Medardo
(piuttosto del pop George) ripensato nella malinconia di un’estraneazione
dell’espressività. Ogni volta alla partenza per nuovi traguardi.
Il sesso manca; umano senza connotazioni o distrazioni dello sguardo
dall’insieme. Anche il volto è fortemente anonimo. Penso ai bronzi e ai marmi
delle sale del Museo. In città.Simmetrico rispetto alla perpendicolare
dell’ingresso una forma è posta a terra. Già ti ho chiesto il perché della base:
non mi convinci pienamente ma hai ragione tu con la forza della pittura.
Mi interessa capire la volontà di relazionare l’intimità (comunque e
inevitabilmente) del proprio io anonimo con la forma del luogo: il castello che
ci contiene diviene oggetto contenuto. Un “here you are” tridimensionale, quasi
un semifreddo nel miraggio prodotto dalla calura esterna. Procedi verso le
estreme conseguenze per concludere un discorso un tempo necessario. L’oggetto
platonico diviene forma del tutto cambiando scala di rappresentazione per
giungere ad un’esem-plificazione dell’universalità del processo creativo che
enunci. Forse giungerai ad un pianeta platonico che ci contiene, ma non credo
che sia necessario dopo le basi magiche. Non per te.
Nella piazza antistante un pozzo diviene tenda geometrica custode di un
meccanismo strobosco-pico nel quale l’insetto si mostra in un semovente volo;
l’osservatore introduce il capo nell’oscurità per sorprendersi della visione.
Tutto diviene intimo in un tête-a-tête giocoso con l’opera.
Sugli spalti, verso il mare, una piccola stanza è decorata come le pareti della
sala grande. La luce solare molto forte e il bianco anche a terra rendono poco
percepibile la consistenza volumetrica e superficiale dei muri. Le immagini
degli insetti paiono maggiormente sospese in uno spazio immateriale, quasi
metafisico. Gli enunciati delle opere viste più in basso risultano ribaditi in
modo differente ma con la medesima tensione.
In un quarto luogo sugli spalti verso la città avviene un fatto differente. La
stanza, una grande garitta cubica, contiene un alto volume di poco più stretto
dello spazio che lo contiene. Esso è ruotato in modo da permettere il passaggio
verso la finestra sul panorama. Il volume è pittorico: oramai abbandonata una
vocazione rap-presentativa pare dover essere necessaria l’essenzialità
suprematista della forma pura. Il colore è steso come sempre con un tempo che lo
rende partecipe della superficie. Il rosso, visibile la notte dalla città,
diviene inedita indicazione di una presenza, forse fastidiosa o indifferente ai
più: non distrae né consola ma solo afferma.
Allontanandomi dalla città penso a lungo a ciò che ho visto e scrivo attento al
tremore del mezzo. Sono meravigliato e convinto sempre di più da un’emozione che
travalica il pensiero. Cerco in alto nel cielo la sagoma del castello che mi
sembra virare lentamente verso il colore rosso.
Aldo Iori